Per il lavoratore padre che fruisce del congedo di paternità obbligatorio e/o del congedo di paternità alternativo, vige il divieto di licenziamento fino al compimento di un anno di età del figlio.
Prima di entrare nel merito del divieto previsto dall’articolo 54 del D.Lgs. 151/2001 vediamo cosa si intende per congedo di paternità obbligatorio e per congedo di paternità alternativo.
Congedo di paternità obbligatorio
Il lavoratore dipendente ha diritto a 10 giorni lavorativi di congedo di paternità obbligatorio fruibili tra i 2 mesi precedenti la data presunta del parto e i 5 mesi successivi al parto, anche in caso di morte perinatale del bambino.
Tale congedo spetta sia per i lavoratori dipendenti pubblici che per i lavoratori dipendenti privati.
In caso di parto gemellare la durata del congedo è di 20 giorni.
Congedo di paternità alternativo
In caso di:
- morte o grave infermità della madre
- abbandono del figlio da parte della madre
- affidamento esclusivo del figlio al padre
Il padre ha diritto al congedo di paternità alternativo, che consiste in una astensione dal lavoro per il periodo di congedo obbligatorio post parto non fruito dalla madre.
In caso di madre che scelga di non riconoscere il figlio e di mantenere il proprio anonimato, al padre spetta, a titolo di congedo di paternità alternativo, il teorico periodo residuo di congedo di maternità pari ai 3 mesi post partum.

Divieto di licenziamento e dimissioni volontarie
In caso di fruizione da parte del padre lavoratore dipendente del congedo di paternità obbligatorio e/o del congedo di paternità alternativo la normativa ha previsto una tutela specifica per il lavoratore, ovvero il divieto di licenziamento e la possibilità per il padre che si dimette volontariamente di poter accedere alla NASPI.
Tali diritti sono previsti per la durata del congedo stesso e si estendono fino al compimento di un anno di età del bambino.
Il divieto di licenziamento in oggetto non si applica in caso di:
- colpa grave da parte del lavoratore, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;
- cessazione dell’attività dell’azienda cui è addetto;
- ultimazione della prestazione per il quale il lavoratore è stato assunto o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine;
- esito negativo della prova; resta fermo il divieto di discriminazione di cui all’articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni.
In caso di dimissioni volontarie del padre lavoratore, formalizzate nel periodo in cui vige il divieto di licenziamento, il D.Lgs. 151/2001 ha previsto il diritto per il lavoratore a percepire le indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.
Il lavoratore che si dimette nel predetto periodo tutelato non è tenuto al preavviso e ha diritto all’indennità di disoccupazione NASPI, qualora ricorrano i requisiti legislativamente previsti.
Recentemente, nello specifico in data 20 marzo 2023, l’INPS ha precisato tramite la circolare 32/2023, che le domande di indennità di disoccupazione NASPI presentate dai lavoratori padri, a seguito di dimissioni intervenute durante il periodo in cui vige il divieto di licenziamento e respinte nelle more della pubblicazione della Circolare n. 32/2023, possono essere oggetto di riesame, su istanza di parte da trasmettere alla sede INPS territorialmente competente.